Viaggi e turismo
DATI DEL PAESE:
Capitale: ASHGABAT
Popolazione: 5.500.000
Superficie: 488.100 km2
Fuso orario: +4h rispetto all’Italia; +3h quando in Italia è in vigore l’ora legale.
Lingue: turkmeno (lingua ufficiale); russo (nei centri urbani).
Religioni: musulmana sunnita (laicizzata) (oltre il 90%) e, in misura minore, cristiano ortodossa (meno del10%).
Moneta: Manat turkmeno (TMT) (cambio ufficiale 1 USD=3,5 TMT)
Telefonia: E’ presente una sola compagnia di telefonia mobile (TM CELL Altyn Asyr), che vende SIM in USD ma non offre servizio di roaming. L’accesso a internet è molto limitato e soggetto a frequenti interruzioni. I social network e numerosi siti sono oscurati.
Prefisso per l’Italia: 810.39
Prefisso dall’Italia: +993
Prefisso Ashgabat: 12
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Il clima:
Il periodo migliore per una visita va da aprile a maggio e in alternativa da settembre a metà novembre. Il clima del Turkmenistan ha caratteristiche continentali con forti escursioni annuali. Anche le escursioni diurne sono notevoli e devono essere prese in considerazione mettendo in valigia qualche capo più pesante per la notte. La temperatura media del mese di gennaio si aggira sui -6 °C mentre in giugno è attestata sui 32 °C con punte massime fino a 50 °C all’ombra. Le precipitazioni piovose, assai scarse, sono concentrate tra gennaio e maggio.
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Geografia fisica:
Il Turkmenistan ha uno dei territori più inospitali dell’Asia Centrale, l’80% è infatti costituito dal deserto steppico del Karakum, con solamente poche aree adatte al popolamento.
Sono collinari e montuose solo le zone nord-occidentali, quelle lungo gran parte del confine con l’Iran ed infine le estremità orientali a ridosso di Afghanistan ed Uzbekistan, dove si trova la vetta più alta del Paese, il Gora Ayribaba (3.139 m.); la catena montuosa più importante, il Kopet Dag, sfiora invece nella parte turkmena i tremila metri col Monte Rizeh (2.912 m.), qualche decina di chilometri a sud-ovest della capitale Ashgabat; nella depressione a ridosso del Mar Caspio si raggiungono i -81 metri.
Appartiene al Turkmenistan la porzione sud-orientale del più grande lago del Mondo, il Mar Caspio (371.000 Km² comprese parti russa, azera, iraniana e kazaka), in cui si trova l’isola di Ogurja Ada (60 Km²), la maggiore in territorio turkmeno; il secondo lago naturale più esteso è il Sarygamysh (5.000 Km²), la cui parte settentrionale è però in territorio uzbeko. L’unico fiume del Paese di un certo rilievo è l’Amudarja (2.540 Km in totale, compresi tratti tagiko, afghano e uzbeco), ampiamente ed anzi eccessivamente sfruttato per la produzione di cotone; gli altri corsi d’acqua provenienti da Iran ed Afghanistan diventano completamente secchi una volta che si inoltrano nel deserto del Karakum.
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Le località:
Ashgabat:
Ashgabat, l’attuale capitale, ha conosciuto come tante città del Turkmenistan un destino di distruzione: il 5 ottobre 1948 un terremoto l’ha completamente devastata. La città è stata ricostruita su un reticolato di vie perpendicolari e il suo profilo deve molto alle manie di grandezza di Saparmyrat Nyýazow, che ha ricoperto il ruolo di Presidente e capo del governo per 15 anni, fino al 2006. Ashgabat, tormentata dal fiato nullificante del deserto, ricorda oggi una Las Vegas candida e vuota. Le attrazioni vere e proprie si limitano a un paio di musei: quello di storia turkmena, con migliaia di reperti etnografici e archeologici che risalgono fino all’epoca dei Parti, e il Museo delle Arti, che custodisce un’importante collezione di tappeti tra cui quello più grande del mondo (quasi 200 m2 e 885 kg di peso). Nonostante la penuria d’acqua, il centro della città è un gorgogliare di fontane, tra statue d’oro del signor Presidente e palazzi tirati su con uno stile che mescola influenze orientali e sovietiche. Nel complesso, l’atmosfera ha qualcosa di finto e allo stesso tempo affascinante, come se la sostanza andasse cercata più a fondo. Per riconoscere il battito pulsante di Ashgabat, che per i Persiani era la città dell’amore, bisogna passare dai suoi sobborghi e dai bazar, posare a lungo lo sguardo sulla sua gente, lottare con la polvere bianca che pervade e ottunde ogni cosa.Merv:
Il deserto del Karakum occupa una bella fetta del Turkmenistan. Nisa – leggendaria capitale dell’impero dei Parti – Merv e Kunya–Urgench sono le più celebri fra le antiche città del Karakum, tutte incluse tra i Patrimoni dell’Umanità dall’UNESCO. Merv, in particolare, era una delle tappe più importanti sulla Via della Seta. I suoi fasti incantarono Alessandro Magno e sembra che, durante il XII secolo, sia stata per un po’ di tempo la città più grande del mondo. Poi arrivò Tolui, figlio di Gengis Khan, che la mise sotto assedio. La città si arrese, Tolui fece uscire la popolazione e ordinò ai propri soldati di tagliare tre-quattrocento teste ciascuno, quindi di radere al suolo tutto. Si tratta di uno dei peggiori eccidi nella storia delle guerre. Geoffrey Moorehouse, nel suo libro Le pèlerin de Samarcande, ritiene che la spada abbia ucciso a Merv più gente che le due bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki. Oggi la città abbandonata, con quel che resta dei suoi venti chilometri di mura, ha l’aria indolente di una magica fortezza Bastiani, lì a consumarsi nell’attesa dei Tartari. È uno dei luoghi che più incanta i viaggiatori; pare che tra queste mura consunte, in parte sommerse dalla sabbia, siano state scritte Le mille e una notte.La Porta dell’Inferno:
A 260 km da Ashgabat, non lontano dal minuscolo villaggio di Derweze, la notte cristallina è illuminata dai bagliori del fuoco. C’è un cratere in fiamme che non ha alcunché di vulcanico e tra la gente del posto si è diffusa la credenza che si tratti di un fenomeno soprannaturale. La chiamano La porta dell’inferno, ma non si tratta di un varco verso l’oltretomba: è invece il risultato di un incidente avvenuto nel 1971, quando a seguito di una perforazione realizzata per cercare petrolio, il terreno crollò aprendo una via di fuga a un deposito di gas naturale. I geologi di allora, temendo gravi conseguenze ambientali, incendiarono il gas. La voragine continua a bruciare ancora oggi e non accenna a estinguersi, regalando ai viaggiatori uno spettacolo grandioso e inquietante. Attorno, il fiato del deserto continua a corrodere l’orizzonte, nel crepitio onirico della sabbia che ha fiaccato carovane e disperso immensi eserciti.
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